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Joris Ivens è stato un grande documentarista che ha attraversato con le sue grandi opere tutto il ventesimo secolo. Ormai novantenne vuole realizzare un sogno che aveva coltivato da sempre: catturare il vento. Con la sua troupe e con la moglie Ivens arriva in Cina dove si piazza su una sedia in attesa dl vento. La ricerca del vento per lui è la ricerca della vita, afflitto com’è dall’asma che lo ha ridotto ad usare solo mezzo polmone. Il vento è dunque l’attesa della vita, ed è allo stesso tempo l’attesa della fine, che Ivens si appresta ad affrontare lasciando questo ultimo memorabile testamento. Un lavoro che riflette sul cinema, cita Melies e suoi vecchi lavori ed è sempre in bilico nell’eterno conflitto tra finzione e reale. Scene surreali, poetiche, si alternano a momenti di vita quotidiana, personaggi di vario tipo, tra cui una maschera del Teatro NO, irrompono improvvisamente nella scena. Un’opera di grande lirismo e fantasia narrativa che mette in mostra la totale libertà operativa raggiunto da un uomo che ha attraversato il secolo con una telecamera in mano e che ha sviluppato una profonda sensibilità, capace di cogliere dettagli nascosti nel mondo che lo circonda. Pregevole la fotografia a completare questo sublime testamento di un maestro del cinema.
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