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Dopo un incidente automobilistico, Giuliana, giovane moglie di un ricco industriale del ravennate, rimane in uno stato di crisi “psicologica”, in particolare sulla propria identità. L’arrivo di Corrado movimenta la sua vita, i due diventano amanti, ma la crisi depressiva di Giuliana non accenna a smorzarsi.
Primo film a colori di Michelangelo Antonioni, e proprio il lavoro sulla fotografia è certamente mirabile, forse la parte migliore del film. È un lavoro sulle geometrie e sui colori che definisce i personaggi e i luoghi fino a staccarli dal loro contesto, amplificando così il senso di smarrimento dei protagonisti. Siamo a metà degli anni ’60 e nonostante la modernizzazione tecnologica del paese sia appena cominciata, è rappresentata come fosse già arrivata alla fase successiva, quella del “post” dove predominano i danni e le macerie prodotti dal moderno. In questo contesto gli esseri umani sono completamente smarriti, o si adattano all’ambiente finendo per divenire anch’essi residui di umanità oppure entrano in una crisi dalla quale non c’è via d’uscita, una crisi che colpisce lo stesso corpo fisico dei protagonisti, adulti e bambini. Per completare il discorso è perfettamente calzante la musica elettronica di Gelmetti, che costruisci tappeti sonori aspri, che ricalcano in tutto e per tutte le sonorità assordanti prodotti dalle fabbriche.

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