Nel suo primo film Jia Zhang-ke utilizza uno stile quasi documentaristico. Gli attori sono tutti non professionisti, la scena è ambientata in posti reali, umili, e la sua regia è apparentemente semplice. Rarissimi sono i movimenti di macchina, se si esclude il piano sequenza con cui comincia il film, che sono strettamente necessari alla descrizione di ciò che accade. È la storia di una transizione, economica e storica, che inevitabilmente diventa sociale; è il momento in cui la Cina si apre alle logiche di mercato e le persone tentano di adattarsi per potere prendere quanti più benefici. Si mettono in moto tanti cambiamenti, tra tutti quelli dei ruoli e delle identità e il risultato è un tessuto sociale confuso, a tratti spietato dove chi non si adegua è perduto. Il protagonista, suo malgrado, prova anche lui a uscire dalla sua atavica identità, ma le delusioni che incontra lo riportano sempre indietro. La realtà intorno è troppo più forte e in tal senso è emblematica la sequenza finale, in cui, letteralmente, la realtà irrompe nella finzione filmica, fino a confondersi con essa.
Xiao Wu di Jia Zhang-ke
Nel suo primo film Jia Zhang-ke utilizza uno stile quasi documentaristico. Gli attori sono tutti non professionisti, la scena è ambientata in posti reali, umili, e la sua regia è apparentemente semplice. Rarissimi sono i movimenti di macchina, se si esclude il piano sequenza con cui comincia il film, che sono strettamente necessari alla descrizione di ciò che accade. È la storia di una transizione, economica e storica, che inevitabilmente diventa sociale; è il momento in cui la Cina si apre alle logiche di mercato e le persone tentano di adattarsi per potere prendere quanti più benefici. Si mettono in moto tanti cambiamenti, tra tutti quelli dei ruoli e delle identità e il risultato è un tessuto sociale confuso, a tratti spietato dove chi non si adegua è perduto. Il protagonista, suo malgrado, prova anche lui a uscire dalla sua atavica identità, ma le delusioni che incontra lo riportano sempre indietro. La realtà intorno è troppo più forte e in tal senso è emblematica la sequenza finale, in cui, letteralmente, la realtà irrompe nella finzione filmica, fino a confondersi con essa.