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trekking come metafora evolutivaOggi ho fatto trekking. L’itinerario era da Licenza (provincia di Roma) a Fonte Campitello, sul Monte Gennaro.  Ho  preso un sentiero e ben presto mi sono ritrovato nel bosco senza più indicazioni ne tracce da seguire. Il bosco di faggi e castagni era selvaggio e fitto, e questo rendeva molto faticoso muoversi. Più volte in assenza di tracce o percorsi, mi sono detto, torno indietro altrimenti mi perdo e poi, dopo aver fatto qualche passo, scorgevo un nuovo abbozzo di percorso. Cosi per circa due ore finchè quasi arreso all’idea di essermi perso, e preparandomi a tornare indietro, scorgo da lontano una macchina. Incredibile. C’era più in alto una strada molto sconnessa , ma percorribile anche da una vettura. A circa 1 km dalla  macchina e dopo un pezzo di bosco molto impegnativo due uomini stavano lavorando su una piccola sommità per impiantare una croce. Con pazienza certosina portavano tutti i materiali, calce, carriole, acqua, attrezzi dalla macchina alla piazzola percorrendo a piedi un tratto molto faticoso. Un incontro assolutamente sorprendente. I due uomini, locali, mi hanno indicato poi la strada che cercavo e che si è poi rivelata tutta strada bianca e larga. Non sono arrivato alle fonti , mi sono fermato a Prato Favale a 860 metri, prima dell’ultimo tratto per le Fonti. Si era fatto tardi. Non sono arrivato all’obiettivo, ma l’aver proseguito senza nessuna indicazione ed essere comunque arrivato è stato per me un grande risultato.

Visto con  un occhio alle vicende umane, l’insegnamento è che bisogna attraversare il bosco selvaggio, superare le insidie, le paure,  accettare il rischio di perdersi e solo dopo averlo accettato scoprire che c’è ancora una strada per arrivare poi all’incontro con l’altro e quindi a raccogliere i frutti. Camminare nei boschi può essere una potente metafora del camminare nella vita.