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La giovane Juli è in contrasto con la madre adottiva, Magda, la quale cerca di instradarla in un futuro brillante mentre lei preferisce la fabbrica. È il periodo delle purghe staliniane i cui effetti arrivano anche nell’Ungheria dove si svolge l’azione e proprio a causa di queste deportazioni aveva prima perso di vista il padre e poi Janosz, caro amica di famiglia. Julie capisce che vuole diventare regista ed è ammessa alla scuola statale di Mosca dove fare nuove amicizie e dove cercherà di ricostruire i luoghi di infanzia che proprio li aveva trascorso. Alla morte di Stalin si aprono nuove possibilità e finalmente la giovane donna può sapere la verità sul padre e riabbracciare Janosz finalmente liberato. Ma i carri armati russi invadono l’Ungheria e il suo tentativo di tornare in patria è bloccato dalle autorità russe.
Márta Mészáros ricostruisce sotto forma di diario una storia biografica di formazione, piena di complessità che la situazione politica contribuisce a creare. Mészáros usa, oltre al girato, filmati di repertorio che si uniscono a scene girate che simulano le immagini di repertorio. Una complessità concettuale che esprime la complessità narrativa, a tratti non proprio comprensibile. Certamente è chiaro l’intento di ricostruire l’atmosfera dell’epoca, dove il regime agiva in modo autoritario, dove nessuno poteva dirsi al sicuro. Per la protagonista diciottenne è un momento di crescita dove vengono a mancare tutti i riferimenti, fuori dentro la famiglia; tuttavia, quando capisce quale potrebbe essere la sua strada, nonostante il cambio delle condizioni politiche, nuovi ostacoli intervengono per ostacolare la sua necessità di raccontare la vita delle persone, la sua stessa vita, oppressa nonostante le condizioni favorevoli della famiglia. Il dolore di quelle ripetute ferite sofferte è destinato a rimaner con lei, con la speranza che possa trasformarsi in altro.

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