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Nadia ha 23 anni e sta per affrontare l’olimpiade di Tokio, dove gareggerà nelle gare di nuoto. Nuota lo stile farfalla e spera di vincere una medaglia. Allo stesso tempo ha già pianificato che dopo le gare abbandonerà l’attività che sente ormai troppo stressante e vincolante, per dedicarsi agli studi di medicina. Vivrà le gare, anche in staffetta con le compagne, con un sentimento variabile, tra il desiderio di mantenere qualcosa di quella che è stata la sua vita fino a quel momento e la necessità di staccarsi e chiudere.
Pascal Plante racconta una storia tra sport e crescita individuale. Come accade spesso in questi casi, la protagonista è una sportiva professionista che ha sviluppato in modo articolato la sua identità di nuotatrice, ma che non si trova altrettanto “evoluta” in tutte le sue altre identità necessarie a vivere nella comunità. Questo procura alla ragazza un conflitto molto forte che andrà risolto per errori e tentativi come qualsiasi altro percorso di crescita, e la difficoltà aumenta in ragione degli ottimi risultati che consegue nel suo sport. Plante non abbandona mai la sua protagonista, sempre presente in ogni scena, e riesce a rappresentare molto bene, in modo convincente, le scene di nuoto, con delle riprese che restituiscono molto bene l’amore per questo sport.

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