Marian Crisan mette in scena nel suo primo lungometraggio una storia che è di migranti ma prima di tutto di rapporti umani. L’incontro tra i due uomini è caratterizzato dal fatto che nessuno dei due capisci una parola dell’altro, eppure, riescono poco a poco a sviluppare quella reciproca capacità di comprensione che li porta poco alla volta a costruire una relazione che è di amicizia, perché per comprendersi è sufficiente condividere delle necessità e degli stati d’animo. Entrambi sono uomini soli, in cerca di una prospettiva migliore, entrambi sono abituati a far fronte alle richieste della vita quotidiana senza chiedere molto in cambio. Sullo sfondo il problema delle migrazioni, che vengono accennate come un possibile elemento di disturbo per la comunità che non vuole stravolgere le sue abitudini, i migranti sono accampati nelle campagne e la polizia finge di non vederli per non dover intraprendere azioni complesse. Ma la frontiera è un problema anche per il protagonista che vive legalmente in quel territorio e che suo malgrado deve attraversarla continuamente; le regole di condotta che distinguono i due paesi danno vita molto spesso a complessità di ogni tipo al momento di varcare il confine, anche per chi, come Nelu, è ben conosciuto. Interessante la presa di posizione della macchina da presa che sceglie quasi sempre di fungere da testimone lontano, ferma nelle sue lunghe riprese, come accade nella ben riuscita prima sequenza.
Morgen di Marian Crisan
Nelu è un uomo di mezza età che vive con la moglie in una sperduta casa di campagna rumena proprio al confine con l’Ungheria. La sua vita scorre sempre uguale tra il lavoro di guardia giurata in un supermercato e la passione per la pesca che pratica la mattina all’alba. Proprio una di queste mattine trova un migrante turco che vorrebbe arrivare in Germania per riunirsi ai familiari; l’uomo insiste per farsi aiutare da Nelu, che con molta ritrosia accetta di nasconderlo in casa in attesa del “domani” giusto per farlo espatriare.
Marian Crisan mette in scena nel suo primo lungometraggio una storia che è di migranti ma prima di tutto di rapporti umani. L’incontro tra i due uomini è caratterizzato dal fatto che nessuno dei due capisci una parola dell’altro, eppure, riescono poco a poco a sviluppare quella reciproca capacità di comprensione che li porta poco alla volta a costruire una relazione che è di amicizia, perché per comprendersi è sufficiente condividere delle necessità e degli stati d’animo. Entrambi sono uomini soli, in cerca di una prospettiva migliore, entrambi sono abituati a far fronte alle richieste della vita quotidiana senza chiedere molto in cambio. Sullo sfondo il problema delle migrazioni, che vengono accennate come un possibile elemento di disturbo per la comunità che non vuole stravolgere le sue abitudini, i migranti sono accampati nelle campagne e la polizia finge di non vederli per non dover intraprendere azioni complesse. Ma la frontiera è un problema anche per il protagonista che vive legalmente in quel territorio e che suo malgrado deve attraversarla continuamente; le regole di condotta che distinguono i due paesi danno vita molto spesso a complessità di ogni tipo al momento di varcare il confine, anche per chi, come Nelu, è ben conosciuto. Interessante la presa di posizione della macchina da presa che sceglie quasi sempre di fungere da testimone lontano, ferma nelle sue lunghe riprese, come accade nella ben riuscita prima sequenza.
Marian Crisan mette in scena nel suo primo lungometraggio una storia che è di migranti ma prima di tutto di rapporti umani. L’incontro tra i due uomini è caratterizzato dal fatto che nessuno dei due capisci una parola dell’altro, eppure, riescono poco a poco a sviluppare quella reciproca capacità di comprensione che li porta poco alla volta a costruire una relazione che è di amicizia, perché per comprendersi è sufficiente condividere delle necessità e degli stati d’animo. Entrambi sono uomini soli, in cerca di una prospettiva migliore, entrambi sono abituati a far fronte alle richieste della vita quotidiana senza chiedere molto in cambio. Sullo sfondo il problema delle migrazioni, che vengono accennate come un possibile elemento di disturbo per la comunità che non vuole stravolgere le sue abitudini, i migranti sono accampati nelle campagne e la polizia finge di non vederli per non dover intraprendere azioni complesse. Ma la frontiera è un problema anche per il protagonista che vive legalmente in quel territorio e che suo malgrado deve attraversarla continuamente; le regole di condotta che distinguono i due paesi danno vita molto spesso a complessità di ogni tipo al momento di varcare il confine, anche per chi, come Nelu, è ben conosciuto. Interessante la presa di posizione della macchina da presa che sceglie quasi sempre di fungere da testimone lontano, ferma nelle sue lunghe riprese, come accade nella ben riuscita prima sequenza.