Christine è a Lourdes in pellegrinaggio organizzato insieme ad un gruppo di persone. E’ giovane ed è affetta da una sclerosi che la costringe immobile sulla sedia a rotelle e come tutti gli altri partecipanti spera nel miracolo della guarigione.
Nei giorni a Lourdes vive la quotidianeità delle relazioni sociali con gli altri e la ritualità delle visite al santuario dove un ordine meticoloso e rigoroso organizza i pellegrini nelle diverse aree del luogo.
Il film di Jessica Hausner è la cronaca di un viaggio tipo di pellegrinaggio. Che si porta con se la fede e lo scetticismo dei partecipanti e del mondo che ruota intorno fatto da laici e da religiosi, documentando quella che di fatto è una industrializzazione della ricerca del miracolo. La regista riesce a descrivere tutto questo in modo neutro mettendo d’accordo religiosi e non. Il tema centrale è la ricerca della guarigione. Come e perché avviene e chi è il fortunato che la riceve. La guarigione del corpo è una conseguenza di quella dell’anima, è una conseguenza di una grande fede e a volta è semplicemente inspiegabile. Quello che emerge dall’incapacità di dare una spiegazione a queste domande che affollano i pensieri dei protagonisti e dello spettatore è, secondo me, proprio la differenza che c’è tra religione e spiritualità, quella differenza dove si innescano i conflitti dei protagonisti. Tra il bisogno di risposte certe e la capacita di accettare il fatto che non c’è una risposta per tutto; che anzi una parte di mistero è fondamentale, anche per la guarigione.
E un ultimo tema sorge nel finale della storia di Christine. La guarigione una volta ottenuta va saputa mantenere. Perché l’abitudine di chi ha una qualsiasi afflizione e di chi gli sta intorno a rimanere nella condizione a cui si è abituati, può essere così forte da far tornare indietro nel percorso e rinunciare di fatto al cambiamento.