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Simon ha 12 anni, vive in un paese svizzero ai piedi delle montagne dove ricchi turisti trascorrono le loro vacanze invernali. Vive con la sorella, senza genitori, e mentre lui provvede a sbarcare il lunario rubando e rivendendo ogni giorno attrezzattura da sci rubata in montagna, la sorella passa da un lavoro all’altro e da una delusione amorosa all’altra.
Il film di Ursula Meier coinvolge piano piano lo spettatore con i suoi piccoli grandi colpi di scena che fanno compiere alla narrazione, apparentemente monotona, scatti in avanti. E’ una storia piena di contrasti, a cominciare dalla possibilità stessa di essere credibile: società ricca e borghese che vive in alto tra nevi e resort, e quella più povera che vive in basso, dove non c’è nemmeno quel po’ di neve che potrebbe rappresentare un diversivo; il contrasto famigliare stesso, tra i due protagonisti, che assume forme diverse lungo la durata del film; il contrasto tra la manovalanza, sia essa in montagna che ai suoi piedi che si litiga le briciole per poter vivere meglio. Alla base di tutto c’è però il dramma famigliare che viene continuamente alimentato da episodi che possono sembrare irreali solo a prima apparenza; un dramma che ad un certo punto diventa una vera e propria colluttazione, nel quale però, e ancora inaspettatamente, proprio sul finire della stagione invernale, si apre uno spiraglio di possibilità diverso.

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