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Dopo una lunga notte di confronti Vittoria lascia l’uomo con cui ha trascorso gli ultimi anni della sua esistenza ormai divenuta infelice. Non passa molto tempo che farà la conoscenza di Piero un giovane agente di borsa, una tipologia d’uomo molto diversa da quello appena lasciato. Tra incertezze varie tra i due nasce una relazione che nonostante tutto non riesce a decollare.
La prima lunghissima, silenziosa e con scarsissime azioni rilevanti, sono il manifesto del cinema di Antonioni, quello duro degli anni ’60. I protagonisti non riescono a comunicare, cosi come non riusciranno a comunicare quelli delle scene successive e cosi come lo stesso regista nei confronti dello stesso spettatore. È la rappresentazione del moderno quel tempo in cui le persone non trovano più quel punto di equilibrio dato dalle certezze rassicuranti presenti fino a pochi anni prima, e non hanno ancora trovato una direzione da prendere. Tutto assume un nuovo significato, le relazioni in primis, e gli stessi valori della società sono ormai minati dal sogno di arricchirsi che tutti coltivano e che il frastuono della borsa rappresenta in un’altra interminabile sequenza. Gli stessi quartieri di Roma rappresentati nel film testimoniano la contraddizione tra gli edifici che guardano al futuro che spuntano qua e là e l’ambiente circostanze che è ancora quello di una campagna rarefatta. Le stesse sonorizzazioni elettrominimaliste di Fusco non lasciano troppo spazio a illusioni di varia natura: rimane un presente, mutevole, incerto, dove poter consumare velocemente le proprie necessità interiori.

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