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Uscito di prigione dopo tre anni, Antoni Gralak lascia Cracovia per stabilirsi in Slesia dove spera di esaudire il suo grande desiderio di tranquillità: n lavoro, una moglie e dei figli è tutto ciò che chiede alla vita. Trova subito lavoro e ritrova una ragazza che era rimasta nei suoi ricordi che aveva conosciuto qualche anno prima. Tutto sembra procedere nel migliore dei modi ma sul posto di lavoro il capo esercita su di lui un potere tale da metterlo contro i suoi colleghi.
Krzysztof Kieslowski in uno dei suoi primi lungometraggi con il suo attore Jerzy Stuhr conduce un’attenta riflessione sulle necessità primarie dell’essere umano. Allo stesso tempo sollecita la considerazione che è altrettanto importante prendere posizione davanti agli eventi. Il protagonista per quieto vivere e per incapacità di manifestarsi completamente finisce vittima di un ingranaggio dominato da chi detiene il potere e paradossalmente dai suoi pari. Quando l’istinto sopraggiunge, obbligandolo a schierarsi, è però troppo tardi. Se il protagonista non si schiera, lo fa in modo deciso Kieslowski, ponendo la sua macchina da presa accanto al suo attore riuscendo a descrivere attentamente il suo vissuto conflittuale senza spingere al giudizio ma chiedendo, piuttosto, la comprensione necessaria alle dinamiche dell’uomo.

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