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Nojoom viene data dal padre in sposa al termine di un accordo economico con un uomo della stessa tribu. Siamo nelle montagne dello Yemen e per Nojoom, che ha solo 10 anni, comincia un periodo drammatico della sua vita, costretta a sottostare ai voleri di un uomo e della sua famiglia. Grazie al suo spirito battagliero riuscirà a fuggire e a presentarsi davanti ad un giudice della capitale, al quale chiederà il divorzio.
Khadija Al-Salami è una regista yemenita che conosce molto bene la realtà locale che viene rappresentata anche dal punto di vista degli scenari in modo davvero spettacolare. La questione è quella delle pratiche che si svolgono abitualmente soprattutto nell’entroterra e che prevedono che gli uomini possano decidere tutto sulla vita delle donne. Se a prima vista sembra una questione legata alla religione, nel finale scopriamo che quello che la regista denuncia è l’ignoranza che accomuna tutti e che tiene legati a riti e tradizioni che sebbene siano creduti sani, non sono in realtà sanciti da nessun testo, nemmeno religioso.
Ciò che occorre dunque è la conoscenza, che, come recita il finale, è luce e che permette a tutti di emanciparsi da condizioni di vita che finiscono per essere restrittive anche per coloro che le impongono, e che sono fondamentalmente legate alla condizione di estremo bisogno in cui vivono.
Ultima annotazione il coraggio e in un certo senso l’incoscienza della protagonista che insegue un obiettivo apparentemente impossibile, il divorzio, e che riesce ad ottenere grazie alla sua determinazione

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