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Nam Chul-woo vive sulle sponde di un fiume che collega il suo paese la Corea del Nord con quella del Sud.
Ogni mattina lascia la sua umile casa e va con la sua barca a pescare, ma un giorno il motore della barca si rompe e alla deriva finisce nell’odiato paese nemico. Viene preso dai militari e interrogato diverse volte perché sospettato di essere una spia. Il suo è un calvario, viene sottoposto a diversi trattamenti per farlo confessare o in alternativa disertare, ma Nam resiste con la ferma intenzione di tornare dalla sua famiglia. Tornato al nord questa volta è ritenuto colpevole di aver vissuto il capitalismo e di essersene innamorato. Esausto si ribella contro tutti.
Kim Ki Duk affronta un tema politico, quello eterno della suddivisione delle due Coree e cosa impedisce una possibile riunificazione. Al povero protagonista i due regimi finiscono per riservare un trattamento molto simile, anche nelle modalità corruttive che si portano dietro. Per l’individuo che ha scelto come vero punto di riferimento la sua famiglia il potere diventa persecutorio tanto al sud che al nord. Tracce del cinema del regista sud coreano disperse in una generale perdita di potenza espressiva e la sua particolare cifra stilistica.

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