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Nel cielo di Berlino gli angeli assistono alle vicende degli esseri umani: ascoltano i loro monologhi interiori, le loro paure, i grandi e piccoli problemi della vita e quando possono alleviano le loro sofferenze. In particolare Damiel e Cassiel si incontrano spesso per tirare le somme della loro attività e confidarsi. Damiel vorrebbe partecipare alla vita in modo diverso ed è la conoscenza di Marion, una giovane trapezista, che lo spinge al grande passo.
Wim Wenders riflette sulla vita partendo da testi di Rilke, e lo fa con una narrazione lirica sempre in bilico tra la soggettiva dell’angelo e l’oggettività dello spettatore. Con il bianco e nero letteralmente disegna la vita degli angeli priva di colori e sapori, una vita che pur essendo ricca di partecipazione e di ascolto è priva di quel peso che le vicende umane portano con se e che danno il reale senso della vita. Recuperare l’innocenza, la spontaneità e l’entusiasmo dello sguardo infantile, insieme alla memoria storica dei fatti accaduti è un processo fondamentale perché l’amore si manifesti dando una diversa possibilità a Damiel. Perché le passioni, il dolore, la fatica dell’uomo sono una ricchezza che vale sempre la pena vivere

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