Un pezzo di storia della famiglia Ekdahl a Uppsala nel 1905. Una grande famiglia che fonda le sue radici nel teatro. Helen, vedova, ex attrice, è la capofamiglia che organizza e vigila sulle famiglie dei tre figli dalla sua grande casa. Alla morte di Oscar Ekdahl, il figlio che aveva preso l’eredita del teatro, Emilie sua moglie accetta di sposare il vescovo e si trasferisce da lui con i suoi due bambini, Fanny e Alexander. Questo matrimonio si trasforma in un incubo degno delle migliori fiabe di genere, col vescovo padrone che rinchiude tutti esercitando costrizioni continue su di loro. Ci vorrà la magia, dello strozzino e burattinaio ebreo Isak per liberare i tre dal giogo del vescovo, che torneranno a formare una grande famiglia con il resto dei parenti nella grande casa di Helen Ekdhal.
Fanny e Alexander è l’ultimo capolavoro di Bergman.
L’indagine sui rapporti sociali e familiari è acutissima, e sullo sfondo si alternano l’arte, la religione e la magia come mezzi che accorrono in aiuto degli uomini per interpretare la realtà nel miglior modo possibile.
E’ questa sequenza, che è anche quella che cronologicamente viene affrontata nel film in particolar modo da Emilie con i figli Fanny e Alexander, è proprio rappresentativa del percorso umano. Dall’arte, dal bisogno di rappresentare, c’è il passaggio alla religione, che soddisfa la necessita di regole e disciplina, di avere una guida morale in cui credere quando la rappresentazione non è più sufficiente. E quando anche la religione manifesta le sue lacune, in questo caso la tirannia delle regole del fanatico vescovo, la magia arriva in conclusione per dare un senso compiuto alla vita dell’uomo. La magia, e più in generale la disciplina esoterica restituisce all’uomo la capacità di credere e vedere oltre, portando egli stesso al centro dell’universo acquisendo facoltà non convenzionali con il pensiero e l’immaginazione, dando alla vita una nuova forma di espressione e rappresentazione.
A questo punto si compie la grande creazione.
Autentico capolavoro.