Una giovane donna di Budapest lavora in fabbrica e nel tempo libero incontra amiche e coltiva flirt. È cresciuta in un orfanotrofio ma è riuscita a mettersi in contatto con i suoi presunti genitori. Arrivata nel piccolo paese di campagna non riceve l’accoglienza sperata e la sua presenza disinibita desta scalpore nella comunità locale.
Il primo film di Márta Mészáros è decisamente vivace e riflette bene la stessa vivacità della protagonista che anche a causa della mancanza di riferimenti famigliari vive alla ricerca costante di risposte e definizioni. Siamo nel pieno degli anni della ritrovata libertà espressiva, il ’68, e anche a Budapest i giovani vivono secondo una nuova liberta di costumi. La protagonista è particolarmente irrequieta e audace, il malcelato tormento che le procura la mancanza di una famiglia la porta sperimentare la vita, sola, in attesa di definire la propria identità. Interessante l’uso della macchina da presa, vero e proprio alter ego della protagonista e forse dalla regista stessa, sempre in movimento, molto spesso circolare, che descrive perfettamente il senso della ricerca interiore della ragazza
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