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Bill e suo figlio Karl escono di prigione e tronano nella loro casa dove Maggie, moglie di Bill, li attende. Nella provincia inglese questo piccolo gruppo famigliare vive una vita claustrofobica, in tutti i sensi, fatta di spaccio e crimini vari. Adesso vogliono capire chi ha fatto, tra gli amici del giro, la soffiata che li ha spediti in galera. Ma quella che doveva essere una semplice resa dei conti si trasforma inaspettatamente in una lunga sequenza di delitti dove non si salva quasi nessuno.
Ben Wheatley, vagamente sulle orme di Tarantino, mette in scena una commedia nero in perfetto stile British, girata quasi esclusivamente nel piccolo appartamento famigliare dei protagonisti. La storia, mai necessariamente troppo chiara, si dipana man mano che si sviluppano gli eventi, sempre più inattesi dallo spettatore, e proprio come lo spettatore vive la claustrofobia dell’ambiente raccontato, i protagonisti vedono restringersi sempre più lo spazio di azione intorno a loro. Ma è grazie all’amore per una donna che lo renderà padre, che il protagonista riesce a liberarsi dalla morsa famigliare, che vorrebbe tenerlo sempre stretto a se, per trovare quella liberta desiderata in un finale inaspettatamente Freudiano.

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