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la strada per la libertàTeheran, anni 50. Il paese è spaccato da diverse correnti di pensiero e politiche. Ci sono i filo monarchici legati allo scia, i rivoluzionari di sinistra che spingono per un paese libero dal colonialismo occidentale e gli uomini legati alla religione. Tre pianeti molto distanti tra loro che ben rappresentano il travaglio storico di questo paese.

Con suggestioni poetiche a tratti manieristiche, il film indaga da vicino nella ordinarietà di questi tessuti sociali attraverso l’occhio di 3 donne diverse.
Fakhri moglie di un generale vive nella mondanità corrotta e autoreferenziale, legata allo scia e all’imperialismo occidentale; l’Islam è il tessuto sociale di Faezeh, il fanatismo religioso che si isola dagli altri le lascia poco spazio, e finirà per subire uno stupro; Munis spera nella rivoluzione partecipando alle manifestazioni di piazza condividendo l’altrettanto fanatica ideologia del movimento.
Sono tutte stanche, oppresse dalla mancanza di liberta, maltrattate dagli uomini e dalla mancanza di amore.E’ un quadro dove in fin dei conti nessuno è libero. Pur cambiando l’abito e le condizioni sociali il mondo interiore degli individui non cambia.
E a far da filo conduttore è Zarin, prostituta che fugge dal bordello, da una vita che non sopporta più. Zarin catalizza il disagi sociale, la sua sofferenza ha una natura trasversale. Gli uomini che frequentano il bordello, quando sono con lei non hanno etichetta, appartenenza politica o religiosa e rappresentano in modo globale la sofferenza e il dolore che la vita quotidiana infligge ai piu deboli. Scappa e si ritrova insieme a Fakhri e Faezeh in una casa di campagna, lontano da tutti dove portano avanti un tentativo condiviso di trovare una nuova pace, un giardino accogliente per la loro anima.
Sara inutile: anche là arrivano le forze del mondo a cercarle e a ricordarle le sofferenze che le sono imposte, il loro stato subalterno.
E allora Zarin cede al suo stato di salute precario, muore, cosi come muore Munis delusa dal crollo del valore della speranza ideologica.
La morte e più genericamente il distacco, l’allontanamento, come riposta al dolore esistenziale; come unico atto di libertà in circostanze altamente restrittive.

Il film della regista Iraniana Neshat è stilisticamente molto bello, immagini poetiche, chiaro scuri che sottolineano efficacemente il clima, flashback e simbologia si alternano ad una narrazione degli eventi efficace. Un esercizio di stile molto ben fatto che non è riuscito ad emozionarmi completamente