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Il marito di Dorota è all’ospedale in gravi condizioni, i medici non si sbilanciano nel dire che si trova in fase terminale. La donna è incinta dell’amante e deve decidere se tenere il bambino: se il marito sopravvive non lo terrà. Il primario del reparto dove si trova ricoverato l’uomo è un suo vicino di casa, e Dorota cerca in tutti i modi di avere da lui una risposta definitiva sulla sorte dell’uomo. Proprio quando il primario decide di sbilanciarsi avviene il miracolo.
Nel secondo episodio del decalogo Kieslowski rappresenta con una storia particolarmente drammatica il tema dell’unicità di Dio, dettata dal secondo comandamento. I due protagonisti sono chiamati a decidere del destino di due essere umani, in una situazione che non permette l’esistenza di entrambi. La donna investe il medico di un potere di vita o di morte sulla sua stessa esistenza, e il medico decide di schierarsi solo quando capisce che il suo intervento può salvare una vita. Un gioco delle parti sottile dove gli esiti possono essere completamente diversi, e dove, tutto sommato, nessuno ha la possibilità di prevedere ed indirizzare il futuro senza mettere a rischio altri esseri umani. Quello che appare essere un miracolo, che chiude il film, integra i bisogni fondamentali di tutte le parti in causa, e rafforza sia l’idea che nessuno può sostituirsi alla storia che scorre secondo logiche che non possiamo controllare, sia l’idea che prendere una posizione, scegliere e decidere può aiutare a sentirsi parte della costruzione di questa storia.

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