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Yoraim è un uomo di mezza età rimasto vedovo da poco. È un veterinario, passa gran parte del tempo al lavoro, ed è piuttosto solo dal momento che non ha un rapporto con la figlia adolescente Roni: quasi si ignorano. Quando la ragazza tenta il suicidio Yoraim è costretto a fare i conti col malessere della ragazza e con quello suo. La visita presso i parenti, nel deserto fuori Tel Aviv, può essere l’ultima occasione per recuperare il rapporto.
Nimrod Eldar al suo primo lungometraggio propone l’analisi di un rapporto padre figlia, nella critica età dell’adolescenza, l’”età dell’ingratitudine” cosi come citato nel film. Situazione complicata dalla recente scomparsa della madre. Cosi il film si stabilisce al confine tra il racconto di un disagio adolescenziale e quello del lutto. In entrambi i casi il silenzio, la mancanza di comunicazione e di espressioni emotive diventano macigni che ostacolano un vivere accettabile. La prima parte del film è costruita nell’esposizione del personaggio del padre, assolutamente rinchiuso nel dolore, incapace di reagire a qualsiasi cosa. L’atto della ragazza, abbandonata alla sua solitudine e al suo dolore riesce solo minimamente a scalfire la condizione del padre, che troverà finalmente un’espressione nel viaggio che i due compiono insieme. Da quel momento, dall’espressione del dolore di uno, che aiuta l’altro a fare lo stesso, si gettano le basi per una condizione di vita diversa.

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