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Una ragazza viene trovata morta in un fossato nella campagna francese. La polizia stima che sia avvenuto per cause naturali e allora il film ci racconta le sue vicende dell’ultimo mese. Agnes Varda ricostruisce una storia di sofferenza ed emarginazione della giovane protagonista, ribelle e profondamente irrequieta incapace di trovare un proprio posto tra gli uomini decide di vivere instrada. Attraverso i flashback di chi l’aveva incontrata emergono anche le diverse esperienze di rifiuto che la ragazza prima o poi era stata costretta a subire, esperienze che avevano finito per minare la sua resistenza e che in ultima analisi l’avevano portata al tragico epilogo. Cinema del reale quasi, Varda sceglie di far raccontare ai protagonisti le vicende rivolgendosi direttamente in macchina, al pubblico quindi, evidente retaggio delle vague di cui la regista aveva fatto parte. E proprio in questa scelta è emblematica delle stesse vicende della ragazza; i protagonisti raramente parlano tra loro e se parlano no si comprendono; parlare in macchina è certamente un modo di parlare a tanti, ma allo stesso tempo è anche non parlare a nessuno. Ritorna dunque, grazie al dispositivo narrativo, quella difficoltà di comunicazione emblema delle difficoltà della ragazza.

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