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Nel dicembre del 1969 l’Italia vive momenti di grande tensione politica. Nelle piazze protestano giovani di destra e di sinistra che si organizzano in organizzazioni che sono al limite dell’eversione. Pinelli è un anarchico, ferroviere che è da tempo sotto osservazione della polizia, e in particolare del commissario Calabresi con il quale viene spesso in contatto per interrogatori su avvenimenti di cronaca. Quando scoppia la bomba nella Banca dell’Agricoltura a piazza Fontana è uno dei primi ad essere fermato e sottoposto a lunghi interrogatori. Pinelli morirà in circostanze oscure dopo un volo di 4 piani nella questura e l’indagine, complessa, si aprirà in diverse direzioni. Tra depistaggi, collusioni e poteri forti che manovrano nelle oscurità il caso rimane senza colpevoli.
Marco Tullio Giordana mette in scene una ricostruzione di un pezzo drammatico di storia Italiana, con attenzione e partecipazione emotiva. Il tentativo è quello di offrire allo spettatore tutte le possibili chiavi di lettura che sono state considerate nel tempo e potersi fare un‘idea autonoma. Ma non rinuncia a prendere posizione: se narrativamente è ben equilibrato, attraverso le immagini, la messa in scena dei personaggi il film parla chiaro. Tutti i personaggi coinvolti sono decisamente caratterizzati, soprattutto molti funzionari sono proposti con un aspetto che fa subito risaltare l’aspetto “torbido”. Al contrario i due protagonisti Pinelli e Calabresi, che hanno rappresentato simbolicamente negli anni il conflitto intestino della scena politica italiana, emergono come figure pulite, su cui rivolgere gli affetti (la scelta degli attori va in tal senso) e realisticamente come due ulteriori vittime di quella strage

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