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Jonas Mekas in un’opera della memoria, tesa, come lui stesso premette, a ricordare la bruttezza della guerra. Perché à stata la guerra a fare di lui e di parte della sua famiglia, uno “sfollato”. Lasciata la Lituania Mekas dovette ricostruirsi una vita negli Stati Uniti, in mezzo a tanti altri migranti che vivevano li senza essere presenti. Il documentario girato in 16mm è diviso in tre parti. Nella prima illustra la sua esperienza di immigrato, il disagio di esse straniero e senza patria. Nella seconda parte, la più lunga, c’è il ritorno al suo villaggio natale, dove trova la madre e vecchi amici, la natura, le reminiscenze giovanili. Sono pochi giorni, intensi che terminano con la partenza per la Germania e l’Austria, per una terza parte che rivisita il tempo della prigionia durante la guerra.
Mekas usa una narrazione estremamente frammentata, continuità di narrazione quasi assente, un montaggio serrato che mette insieme frammenti di immagini caratterizzati da violenti e imprevedibili movimenti di macchina. Usa molti inserti grafici ed egli stesso è la voice over che accompagna il racconto, insieme alla musica e a rari audio originali

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