
In un villaggio costiero del nord della Russia, Kolia vive con la seconda moglie ed il figlio avuto dalla prima. Il sindaco del paese è deciso ad impossessarsi del terreno dove lui aveva pazientemente costruito la sua casa, e non disegna di usare metodi corruttivi pur di raggiungere il suo scopo. Nonostante l’aiuto dell’amico avvocato per Kolia il destino è quello di subire la forza del potere corrotto che arriva di più fronti.
Andrei Zvyagintsev in odore di grandi romanzi orchestra una storia di soprusi ed oppressione che rimane sempre sospesa su un livello metafisico e per questo credibile a dispetto degli eventi a senso unico. Il protagonista che lo voglia o no è costretto a cedere al potere statale e della chiesa e persino ai tradimenti di chi gli è vicino, un sistema generale corrotto e senza scrupoli. Se per lui l’evoluzione degli eventi sembra non offrire alternative è altrettanto vero che la fuga nell’alcool tra l’altro condivisa da tutti sembra essere piuttosto che una rinuncia una sorta di complicità che si viene a stabilire tra vittime e carnefici. Probabilmente, pur se tra le righe, è proprio quella la strada che sembra emergere come possibilità di cambiare le storie da destini altrimenti inevitabili.
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