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Una nuova ispettrice arriva al macello di Budapest. Maria, addetta al contrario di qualità rivela una personalità particolare, ossessiva e metodica, poco incline al contatto con gli altri. Il direttore Endre, un uomo di mezza età, disilluso, tendente al pessimismo entra casualmente in relazione con la giovane donna in seguito alla scoperta di un sogno che ogni notte fanno nella stessa modalità.
Un film molto bello questo di Ildikò Enyedi, forte, dai connotati affettivi che cambiano continuamente e che nel finale rivela la potenza espressiva legata al vissuto dei due personaggi. Con l’uso insisto della formula campo/controcampo il regista sottolinea come sia la relazione al centro della narrazione. Quella relazione che per ragioni diverse manca in modo doloroso ai protagonisti, entrambi con vissuti traumatici alle spalle. Cosi identificandoci con loro viviamo una prima parte dove la quotidianità scorre alienata, nel disagio esistenziale della solitudine e del sangue delle bestie uccise, per poi, lentamente, entrare nella loro relazione in costruzione, difficile, che porta forti i segni delle loro difficoltà esistenziali; difficoltà che in alcuni casi possono portare a gesti estremi. Un film sulla necessità di amare, della relazione, e simbolicamente l’invito a perseguire i propri sogni, anche quando siano assurdi, perché quella è la strada che porta ad una vita dove l’amore sia parte centrale.

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