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Aloys è un investigatore privato, abituato a lunghe ore di pedinamenti e appostamenti e a registrare e archiviare con grande meticolosità il risultato del suo lavoro. Alla morte del padre, che vive e lavora con lui, qualcosa si incrina nella ferrea quotidianità di Aloys, commette qualche errore, lascia trapelare qualche emozione e incontra una vicina con la quale dà il via ad una relazione misteriosa.
Tobias Nölle mette in scena una storia sempre in equilibrio tra il rigido rigore proprio del carattere del protagonista nella prima parte del film, e il grottesco e l’imprevedibile che rispecchia la sua trasformazione che caratterizza la seconda parte. È un film sull’attaccamento, quello del padre e quello dei protagonisti che sviluppano nel procedere della storia, e sulla solitudine che in qualche modo è collegata a questo. Nölle esplora sentimenti complessi, senza la necessità di dialoghi, ricorrendo a monologhi che mettono in evidenza la difficoltà di comunicazione e la rigidità del mondo che i protagonisti hanno necessità di crearsi intorno per non farsi travolgere dalle emozioni. La vita di due persone solitarie si svolge all’interno di un mondo segreto e magico che diventa comprensibile solo a chi vive la medesima condizione.

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