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Siamo a San Paolo del Brasile, 1899, da qualche anno il paese ha proclamato la sua indipendenza ed è stata abolita la schiavitù. Ma il passaggio al nuovo secolo è difficile, con antiche abitudini che faticano a sparire e che nel migliore dei casi si trasformano. I grandi proprietari terrieri rimangono potenti e quelli che erano prima schiavi ora sono domestici. In questo clima la famiglia Soares sta vivendo il suo particolare declino: il capofamiglia è assente rimasto a curare le piantagioni di caffè vendute agli italiani; in città vivono l’anziana madre e le due figlie, Maria suora e insegnante, e Ana, rinchiusa in casa per via di una latente follia, che passa le giornate a suonare il piano. Quando la vecchia domestica muore la famiglia non sembra più in grado di procedere da sola.
Marco Dutra e Caetano Gotardo lavorano ad un’opera di grande respiro, centrata sul tema della contraddizione ancora attuale che vede nelle divisioni di classe, nella netta distinzione, culturale e non solo, tra i cattolici bianchi e i neri devoti a culti sconosciuti un tema ancora attuale. Sullo sfondo un paese in trasformazione che rimane di difficile interpretazione per molti dei protagonisti, incapaci di reinterpretare la storia passata. La mano della regia è ben evidente nella curata messa in scena, nella fotografia che caratterizza in modo deciso la scena soprattutto grazie ad un attento uso delle luci. E su tutto la geniale intuizioni di mostrare alcuni esterni la San Paolo di oggi, svelando in modo sempre più chiaro l’intenzione degli autori di rendere manifesta quella contraddizione e incapacità di interpretare il proprio tempo dei protagonisti del film, e tutto sommato dei cittadini di oggi.

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