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A Teheran una giovane coppia di coniugi si ritrova improvvisamente senza casa a causa delle lesioni che sta subendo il palazzo dove avevano vissuto sino a quel momento. Emad e Rana sono una coppia affiatata che condivide la passione per il teatro, entrambi stanno per andare in scena con “Morte di un commesso viaggiatore” di Miller, dove interpreteranno moglie e marito. Un amico e collega della coppia, offre loro una casa di sua proprietà appena liberatasi dall’affitto di una donna che non aveva una buona reputazione. Una sera Rana, sola in casa, subisce un’aggressione da uno sconosciuto, cliente della precedente inquilina. Da quel momento Rana entra in una crisi profonda che incrinerà la relazione col marito, il quale dal conto suo sviluppa un sentimento di vendetta.

Un film forte, questo di Asghar Farhadi che si sviluppa in un crescendo di non detto, che alimenta la tensione dello spettatore sino alla fine, alla spasmodica ricerca della verità. Sul tema della ricerca si sviluppano tanti giochi psicologici, portati in scena con grande attenzione che vedono coinvolti i protagonisti, che in qualche modo rispecchiano usi e costumi della società iraniana moderna.

In un contesto dove moralismo e reputazione schiacciano la possibilità di relazioni sincere persino tra moglie e marito, si sviluppano sentimenti incontrollati di paura, rabbia e frustrazione che possono prendere il dominio della scena in modo prepotente. E in questa situazione diventa difficile quel perdono necessario, inevitabile, che potrebbe risanare le ferite e che viene invece offuscato dal desiderio di salvare il proprio onore. Un sentimento di vendetta che isola e che produce altri dolori.la difficoltà del perdono